Peppermint Candy – La Corea del Sud e il senso di colpa di una generazione

“In Corea si racconta che gli ultimi lampi di una mente morente siano in grado di riportare indietro nel tempo.”

Ed è questo che pensa Yong-Ho quando si sveglia fra le rocce sotto un ponte ferroviario.  Sperduto si avvicina ad un gruppo di persone sedute in cerchio.

Altro non sono che i colleghi di quando lavorava in fabbrica vent’anni prima.

Tutti sono meravigliati nel vederlo dopo tutto questo tempo, iniziano a tempestarlo di domande, da cui disperato fugge. 

La sua corsa termina al centro dei binari.

Al treno che sta per travolgerlo, urla la sua volontà di ritornare.

 

Tornare a prima che la sua anima si guastasse portandolo a distruggere i suoi affetti, i suoi affari e infine a compiere il suicidio. 

Ed è a bordo di un metaforico vagone ferroviario che si precede al contrario, verso i giorni e gli anni prima che hanno mutilato l’uomo sia nel corpo che nel fisico.

Un’esistenza riflesso degli eventi tragici della storia contemporanea della penisola asiatica. Tra crisi economica, soppressione dello stato e i crimini della guerra civile.

Ed è proprio sotto le armi che il giovane si macchia di un peccato oscuro e inconfessabile . Il cui senso di colpa spazza via per primi i sogni da fotografo e l’amore per Sun-im, privandolo della capacità di cogliere la bellezza e la felicità del mondo, trasformandolo infine in un aguzzino che sfoga la sua rabbia verso i più deboli.

E quando ormai Yong si ritrova solo, disperato e con una pistola in mano tra le macerie che lui stesso ha causato, bloccato dall’indecisione verso chi punire, viene raggiunto dalla notizia che la sua prima fidanzata è moribonda e ha chiesto di vederlo. 

Lui si presenta dal suo antico amore con un vaso colmo di caramelle alla menta piperita. Le stesse caramelle che aveva ricevuto da lei durante il loro primo incontro, un picnic organizzato con i colleghi due decenni prima sulle rive di un fiume.

Ed è in quella meravigliosa gita che Yong si innamora di Sun-Im e le dichiara di non sapersi spiegare come riesca a ricordare quel posto dato che è la prima volta che si trova lì. E quando la ragazza e il resto degli amici cantano in cerchio, il giovane si allontana da loro, rapito e scosso dalla vista di qualcosa lì vicino.

I suoi occhi pieni di lacrime sono illuminati e oscurati dall’alternarsi dei vagoni di un treno che gli passa accanto.

Peppermint Candy (박하사탕, Bakhasatang)  è il secondo lungometraggio del regista sudcoreano Lee Chang-dong.

Film fondamentale per orientarsi nel ricco filone degli ultimi decenni del cinema coreano.

Girato all’alba del nuovo millennio il film condensa la parabola drammatica della storia recente della penisola asiatica nella vita del suo protagonista. Lo fa utilizzando il meccanismo del tempo interiore, ripercorso all’indietro da Yong-Ho alla ricerca di un momento idilliaco; precedente alla grave colpa che ha portato alla degenerazione della sua vita e di quella dei suoi contemporanei.

L’adesione degli eventi pubblici con l’esistenza del personaggio, dei fatti storici con la biografia del protagonista, è quasi totale in una operazione drammaturgica che ricorda “il matrimonio di Maria Braun” del regista Rainer Werner Fassbinder.  E attraverso la memoria del nostro personaggio su cui si riflettono i mali del suo tempo, che Lee Chang-dong ci mostra come la Corea del Sud si è proiettata alla modernità e al modello occidentale pagando un costo altissimo.

Lee Chang-dong
Lee Chang-dong

Vi è riuscita infatti occultando le ferite indelebili e i peccati orribili sopra cui la nuova nazione ha costruito le sue fondamenta. Scheletri nell’armadio così ingombranti da portare alla rovina Yong-Ho che trova come unica soluzione la morte, ma nemmeno questa basta, perché Yong è un testimone e come tale deve ricordare.

Solo attraverso la memoria e l’emersione delle contraddizioni di uno stile di vita borghese edificato sul sangue delle torture e sull’oblio delle repressioni, la Corea può riuscire ad avere una seconda possibilità su una disgregazione che sembra ineluttabile.

O forse l’unica possibilità che resta è ricordare “i vecchi tempi”, in una fuga illusoria al perduto tempo delle caramelle alla menta piperita?

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